Paolo Delogu, ordinario di Storia medievale nell’Università “La Sapienza”di Roma, si occupa della ricostruzione delle vicende storiche che hanno portato alla costituzione del Regno di Sicilia da parte di Ruggero II e alla nascita della cultura che verrà in seguito identificata come “arabo-normanna”. Non solo, infatti, Ruggero parlava correntemente arabo, ma la sua corte a Palermo fu un luogo di tolleranza in cui si incontravano senza distinzione di religione o lingua i maggiori sapienti dell’epoca; ne faceva parte per esempio il geografo arabo Muhammad al-Idrisi, autore della Tabula Rogeriana, la più fedele rappresentazione cartografica di Europa e Asia prodotta nel Medioevo. Gli editti reali venivano redatti in latino, greco, arabo ed ebraico, per poter essere compresi da chiunque ne fosse il destinatario.
La cultura arabo-normanna, che prosperò fino al secondo decennio del XIII secolo, quando Federico II ordinò l’esilio dei musulmani dall’isola, che portò gradatamente alla sua scomparsa entro la fine del secolo. Il Regno di Sicilia sopravviverà invece a Ruggero per quasi sette secoli, fino all’unificazione con il Regno di Napoli nel 1816 a seguito del Congresso di Vienna.

Costruita all’interno del cosiddetto Palazzo dei Normanni, già sede di una fortezza cartaginese, e poi, nel XI secolo, durante la dominazione araba, fortezza e centro amministrativo dell’Emirato di Palermo, la Cappella Palatina divide da secoli gli studiosi sulla sua funzione: edificio puramente religioso o anche sala del trono? È il curatore del volume Beat Brenk, storico e archeologo, a ricostruire il significato della Cappella, nelle intenzioni di Ruggero e nell’uso che ne è stato fatto nel corso dei secoli.

L’intreccio di culture di cui la Cappella è il frutto si esplicita nella sua architettura, che prevede una pianta basilicale, latina, a tre navate, separate da un colonnato laterale di cinque colonne corinzie per lato, che sostengono archi a sesto acuto in stile moresco. Ma il cuore dell’edificio è la cupola semisferica che si innalza sul presbiterio, un innesto proveniente dalla tradizione bizantina. Un tempo la cupola era visibile anche dall’esterno della Cappella, ma lo sviluppo del Palazzo ha finito per nasconderla. Lo storico dell’arte William Tronzo si occupa nel volume dell’analisi strutturale e storica dell’impianto architettonico della chiesa, compreso il pavimento in marmo decorato a motivi geometrici.
Le colonne e i capitelli della Cappella sono oggetto dello studio di Patrizio Pensabene, docente di archeologia presso l’università La Sapienza di Roma, mentre è Francesco Gandolfo, storico dell’arte, a studiare le sculture. Tra queste spicca il candelabro pasquale del XII secolo, con le sue raffigurazioni simboliche di grande pregio.

Il soffitto ligneo della Cappella è la più evidente testimonianza della presenza islamica alla corte di Ruggero. Lungo la fascia superiore delle pareti, al di sopra dei mosaici della navata centrale, corre infatti una successione di muqarnas, nicchie sfaccetate e dipinte tipiche dell’architettura islamica, mentre il soffitto vero e proprio, sempre in legno, è una struttura composta da lacunari geometrici. Quasi ogni superficie disponibile del soffitto è dipinta da artisti arabi, con scene di vita cortese, animali, piante, motivi geometrici e floreali. Impossibile da ammirare nel dettaglio per il visitatore, il soffitto della Cappella è invece riprodotto nella sua interezza nelle pagine del libro, permettendo così di osservare nel dettaglio quello che è il più ampio ciclo di pitture islamiche di epoca medievale sopravvissuto nel bacino del Mediterraneo.
Un capolavoro quasi sconosciuto, analizzato e spiegato da Jeremy Johns, direttore del Khalili Research Centre presso la Facoltà di studi orientali dell’Università di Oxford, che si occupa anche dei soffiti delle due navate laterali, realizzati dagli stessi artisti.

I mosaici della Palatina sono tra i più importanti tra quelli che si trovano in Sicilia e sono opera di artisti sia locali sia greci, che qui hanno lasciato alcuni rari esempi, nella raffigurazione di animali e piante, di mosaici bizantini ad argomento profano. Le pareti, gli archi, gli intradossi, la cupola, il presbiterio sono ricoperti di mosaici che mostrano la Genesi, le vite di Cristo e degli Apostoli Pietro e Paolo, santi, angeli e profeti, in un trionfo di luce che nasce da milioni di tessere dorate. Herbert Kessler, Beat Brenk e Gerhard Wolf studiano questi cicli, i loro significati e i loro rapporti con altri mosaici coevi, come quelli della cattedrale di Cefalù.
Con lo splendore delle loro tessere dorate, i mosaici rendono la Cappella Palatina un trionfo di luce e ricoprono quasi ogni superficie delle pareti, degli introdossi degli archi, della cupola. Sebbene prevelantemente di tema religioso, contengono anche scene profane e raffigurazioni di flora e fauna, forse le uniche testimonianze così estese giunte fino a noi di mosaici profani di scuola bizantina.
Una particolarità dei mosaici della Palatina sta nei cicli che raffigurano episodi della vita di Cristo e dei santi Pietro e Paolo che, contrariamente alla norma, si concludono non con il martirio ma con scene di trionfo: l’ingresso a Gerusalemme per Gesù, la caduta di Simon Mago per gli apostoli. Riecheggiati dalla presenza del Cristo in gloria sopra al trono reale e del Pantocratore nell’abside e nella volta, questi trionfi costituiscono un riferimento al trionfo terreno del re.